Nuovi Poderi, una storia d’amore col vino
Luigi Giuntelli, la seconda generazione di Nuovi Poderi
Mi chiamo Luigi e rappresento la seconda generazione della cantina Nuovi Poderi. Quest’ultima è nata da zero per la grande passione per il vino che i miei genitori hanno sviluppato dopo un suggestivo viaggio in Francia, fatto diversi anni fa.
Il progetto è partito nel 2008, attraverso l’acquisto dei terreni e la scelta dei vitigni da impiantare. I primi si trovano presso Senorbì, in cui ha sede la cantina, i secondi si dividono tra i bianchi (due Vermentini e uno Chardonnay) e i rossi (Barbera Sarda, Merlot, Shiraz e Cabernet). Questo ci ha permesso di produrre, ad oggi, ben sette etichette, divise in tre bianchi e quattro rossi tra cui l’Istrale, le Prime Luci, il Tarda Sera, l’Oje, l’Ilune e l’Archeo. Con L’Istrale (Vermentino) e l’Archeo (Barbera Sardo), nel 2020 abbiamo ottenuto un ottimo posizionamento presso la Fiera Autochtona di Bolzano, con punteggi superiori agli 80 su 100.
Nuovi Poderi, una storia d’amore col vino
Prima di mettere in commercio i nostri vini, i miei genitori, Marco e Silvia, hanno portato avanti anche tutto uno studio sulle etichette e sui nomi con cui avrebbero poi battezzato le varie specialità di Nuovi Poderi. Ci si è focalizzati sulla tradizione storica, archeologica ed etnografica sarda, che è carica di suggestioni ancestrali come il rimando all’ascia bipenne, simbolo sacro che risale almeno all’Età del Bronzo (e forse anche prima) eternato nell’arte e nell’architettura nuragica.
Questo perché il vino è legato ad una terra specifica, e a nostro parere è perfetto per tramandare il suo spirito più profondo attraverso le sue note fruttate e le sfumature di colore. In quanto a me, quando i miei decisero di fondare il progetto stavo per concludere le scuole superiori, ed ero da un lato appassionato di sport e dall’altro mi immaginavo a studiare ingegneria all’università.
In poco tempo, però, ho compreso che quella non era la mia strada, e sono passato a studiare Viticoltura ed Enologia ad Oristano, in cui mi sono infine laureato. Se, all’inizio, il vino era stata solo una passione riflessa dei miei genitori, ora è diventato un amore profondo, rafforzato dalla conoscenza dei tempi dell’uva e della vinificazione, oltre che da quella manualità ciclica che lega il produttore ai capricci delle stagioni e della natura. In questo è stata utilissima una lunga gavetta che è partita proprio dalla campagna: la lavorazione del suolo, le giornate passate a curare i vigneti portando avanti la paziente arte del diradamento e del defogliamento e poi, ovviamente, la frenesia della vendemmia.
Ora, in cui mi occupo anche della parte gestionale e commerciale, il poter ritagliare dei momenti in quelle attività mi riporta alla vera natura del nostro lavoro, una spirale ciclica senza fine che si ripete anno dopo anno in quella magia capace di trasformare i grappoli di uva in vino. Un mestiere magico, che merita di essere rispettato e preservato in quanto rende più belle e piacevoli le vite di tutti noi.
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