La storia della Apple, tra tecnologia e visione rivoluzionaria
Apple, la nascita di una azienda rivoluzionaria
L’azienda resa iconica da Steve Jobs, alla cui vicenda umana in questi ultimi anni sono stati dedicati alcuni film e un numero infinito di libri, si può raccontare sia con dei dati sia con degli aneddoti.
I dati: fondata il 1° di aprile del 1976 a Cupertino, in California, e quotata in borsa nel 1981, nel 2019 viene valutata nel mercato azionario come una tra le più grandi società al mondo, con un una capitalizzazione totale di 1.156 miliardi di dollari.
Una cifra che ha quasi dell’assurdo per quanti zeri seguono quei numeri posti all’inizio della loro serie.
Ancora, un fatturato globale che è cresciuto in maniera esponenziale raggiungendo un picco nel 2018 di 265,6 miliardi di dollari, con un utile netto di 59,5 miliardi. Gli aneddoti, invece, sono veramente tanti, raccontati in pillole sul web o in libri anche molto impegnativi che si possono trovare nella sezione management, leadership o motivazionale delle librerie.
Ad ogni modo la leggenda partì dal momento in cui Steve Jobs e Steve Wozniak, appassionati di elettronica, lavorarono a “Blue Boxe”, un dispositivo che consentiva di effettuare chiamate in modo completamente gratuito. Wozniak era il progettista, Jobs il commerciale, e da quel tandem iniziarono le prime vendite.
I due, però, puntavano alla creazione di un primo computer, ma solo quando uscì nel mercato il chip 6502, che costava appena 25 dollari, poterono uscire nel 1976 con “Apple I”. Rigettato da molte aziende che lo giudicarono poco utile, alla fine Jobs ottenne un contratto con un negozio di computer per la vendita di 50 esemplari.
Tale accordo, però, prevedeva che il prodotto fosse consegnato totalmente assemblato, così i due Steve e il terzo socio, Ronald Wayne, dovettero procedere al montaggio di tutti gli esemplari a mano, e non avendo né una fabbrica né i soldi per avviarne una, lo fecero nel garage della famiglia Jobs per evitare di perdere l’affare. Da qui l’aneddoto sulla mitica società nata in un garage. Con quei guadagni, e l’arrivo di un nuovo finanziatore – Mike Markkula – che investì 250.000 dollari sull’idea, nel 1976 venne messo sul mercato l’Apple II. Iniziava così l’era dei personal computer. Al momento dell’uscita, Jobs convinse tutti a cambiare il logo della Apple, dall’immagine iniziale che si rifaceva al profilo di Isaac Newton alla celebre mela mangiata, che all’epoca era colorata come un arcobaleno.
Nel 1981 la società si quotò in borsa, e dopo alcuni fallimenti come l’Apple III e il Lisa la svolta giunse con l’Apple Macintosh, lanciato sul mercato nel 1984 attraverso uno spot divenuto storico messo in onda durante il popolarissimo SuperBowl.
Ad ogni modo, divergenze nell’azienda portarono ad un interregno di dieci anni in cui Jobs uscì dalla società che aveva creato, per rientrare solo nel 1996 con l’innovativo progetto iMac, la revisione del logo – da arcobaleno al più elegante bianco – e il lancio in serie dell’iPod, dell’iPhone e dell’iPad. Nel 2001 viene aperto il primo Apple Store, che presto di diffuse in quasi tutto il globo creando una community che cresce di giorno in giorno legati alla filosofia Apple.
Questa ascesa non venne fermata neanche dalla morte di Steve Jobs nel 2011, ad appena 56 anni, in quanto la sua eredità è passata di mano in una nuova generazione di manager che hanno saputo coltivarne il mito, espandendolo ai quattro angoli della terra.
Il punto di forza della Apple risiede ormai non solo nella mera tecnologia – per quanto il loro reparto ricerca e sviluppo sia dotato di miliardi di dollari di budget annuale – ma piuttosto sulla sua community, composta da persone che acquistano ogni prodotto in uscita perché sono visceralmente legati alla vision dell’azienda, al suo modo di vedere la vita e, anche, per status symbol. Un risultato di posizionamento che deve far pensare tutti noi imprenditori, e da cui possiamo trarre ispirazione ogni qual volta decidiamo di impostare una strategia di comunicazione per il nostro brand.
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